NADIA – IL MISTERO DEL GORGOSAURO AZZURRO (feat. CREATIVE BEAST STUDIO & VIVID TOYS)

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Facciamo un esperimento, ok? Aprite Google e cercate “Gorgosaurus”. Adesso contate quanti dei risultati che il motore di ricerca restituisce sono in una sfumatura di blu. Non sono pochi. Esattamente come Carnotaurus è rosso, Gorgosaurus è blu. Ma da dove è nato questo meme?

Il primo Gorgosaurus blu che siamo riusciti a trovare all’interno dei media è quello comparso nell’anime giapponese Dinosaur King (2007-2009) e nel gioco di carte collezionabili, e nei videogiochi arcade e per Nintendo DS tratti dall’anime. La sua colorazione ricorda un’illustrazione del paleoartista canadese Michael Skrepnick, datata al 1996 (da archive.org). Come gran parte dei modelli di Dinosaur King, si tratta di una ricostruzione sorprendentemente buona per quello che alla fine è un prodotto a base di dinosauri che sputano fuoco o si lanciano addosso scariche elettriche, in cui è chiaramente riconoscibile l’animale in questione.

Ma sicuramente il codificatore di questo meme è A spasso coi dinosauri 3D (2013). In questo film, il principale antagonista del Pachyrhinosaurus Patchi è un Gorgosaurus dalla bellissima livrea blu iridescente.

Al tempo dell’uscita del film sono stati realizzati ben tre modelli di questo Gorgosaurus da Vivid Toys (una miniatura, un modello articolato da 20 cm e un modello articolato da più di 50 cm), e due cup toppers (probabilmente entrambe da) Golden Link. La popolarità di questa ricostruzione, oltre ad aver ampliato la fama di questo animale, si riflette nel numero di opere che ripropongono un Gorgosaurus molto simile.

Come Jurassic World: Alive (gioco per Android e Iphone in stile Pokemon Go!), dove troviamo un Gorgosaurus chiaramente debitore di quello di A spasso coi dinosauri. Sarà per questo che è una delle ricostruzioni migliori del gioco?

Infine arriviamo al modello Beasts of the Mesozoic (Creative Beast Studio, 2024). La colorazione è ispirata alle popolazioni blu del colubro nero (un ossimoro), la sottospecie Coluber constrictor foxii. Condivide il modello del corpo con Albertosaurus, Daspletosaurus e Tarbosaurus e si differenzia da questi modelli unicamente per il collo e la testa. Da un confronto con gli animali in questione appare evidente che l’animale usato come base è Tarbosaurus (intuibile anche dagli arti anteriori, i più ridotti tra i Tyrannosauridae): una scelta non esattamente ottimale per Gorgosaurus, dato che questo genere e Albertosaurus avevano proporzioni differenti dalla maggior parte dei Tyrannosauridae, specialmente negli arti posteriori più lunghi (clicca qui per vedere un confronto). La scultura del cranio è basata sulla ricostruzione di GetAwayTrike, a sua volta basata su CMN 2120 (olotipo di Gorgosaurus) con alcuni dettagli presi da UALVP 10 e AMNH 5458. Mentre la ricostruzione del profilo del cranio è praticamente ineccepibile, in una visione dall’alto appare notevolmente più stretto di quanto dovrebbe essere. Questo potrebbe essere dovuto a questioni tecniche o all’utilizzo di un esemplare immaturo di Gorgosaurus come riferimento.

Il modello presenta 22 punti di articolazione, e rispetto quelli precedenti presenta alcuni interessanti migliorie: nella coda è presente un ulteriore segmento (facendo salire il numero a quattro), il che ne aumenta la flessibilità; l’articolazione del torso è migliorata e ora l’animale può visibilmente chinarsi in avanti o all’insù; ma, soprattutto, è stata perfezionata la mobilità del collo, permettendo finalmente alla testa di guardare verso il basso. Quindi sì, adesso il vostro Gorgosaurus può guardare da sopra in giù un Monoclonius BOTM o i personaggi di Jurassic Park Mattel, come dovrebbe essere! Naturalmente, quello che colpisce più di questo modello è la colorazione azzurro metallizato. Ma quanta scienza c’è veramente dietro questi gorgosauri azzurri?

Nei vertebrati, il colore del tegumento è dato da fenomeni chimici e fenomeni fisici. Nel primo caso, i pigmenti si trovano in organelli prodotti da cellule della pelle specializzate, i cromatofori. Negli uccelli sono localizzati nell’epidermide, mentre nei rettili si trovano nel derma (uno strato più profondo).

La colorazione strutturale dipende invece da un fenomeno fisico: la struttura microscopica del tegumento interferisce con la luce, alterandone la direzione. Prendendo ad esempio il colore blu, negli uccelli attuali questo è il risultato del fatto che quando un raggio luminoso A (che contiene tutti i colori dello spettro) incontra spazi pieni d’aria tra lo strato cheratinoso sulla superficie delle barbule C (la più piccola unità che compone la penna) e i cromatofori sottostanti B, viene scomposta (come quando attraversa un prisma) e viene riflessa verso l’esterno la lunghezza d’onda corta, quella corrispondente al blu E, mentre gli altri colori D, che hanno lunghezze d’onda più lunghe, attraversano lo strato e vengono assorbiti dai cromatofori. Pertanto, le penne di alcuni uccelli appaiono blu, anche se magari i pigmenti che contengono sono marroni!

L’iridescenza (cioè quel fenomeno per cui le piume di alcuni uccelli possono sembrare blu, o verdi, o viola, a seconda dell’angolo da cui le si osserva) si deve alla presenza di due strati di particelle riflettenti, uno sopra all’altro (C e F), con differenti indici di rifrazione. La luce li colpisce e viene riflessa esattamente come spiegato sopra ma, dato che la luce che viene riflessa dallo strato inferiore ha un leggero ritardo (G), i due riflessi non sono sincronizzati. I fasci luminosi che si creano, quindi, interagiscono tra di loro, con il risultato che certi colori vengono amplificati o attenuati. Al variare dell’angolo con cui i raggi tornano a coincidere (e restituiscono al nostro occhio un colore) varia anche il colore che osserviamo.

Ma aspetta, c’è di più! Abbiamo finora parlato di penne. Che sono, dopotutto, strutture complesse, costituite da barbule finemente intrecciate. Forse le squame dei dinosauri non erano in grado di ottenere gli stessi risultati? Ebbene, nel pelo dei mammiferi sono presenti solo i melanosomi (responsabili di vari gradi di arancione, marrone e nero), il che spiega le loro colorazioni spesso poco vivaci, ma i rettili posseggono anche altri tipi di pigmento: xantofori ed eritrofori, che producono rossi e gialli brillanti, e iridofori, che contengono cristalli riflettenti, che interferiscono con la luce. Come detto sopra, si possono ottenere colorazioni blu grazie all’interferenza. I mammiferi hanno realizzato le loro colorazioni blu nonostante manchino di iridofori sempre attraverso questo fenomeno (vale anche per gli occhi delle persone che li hanno azzurri!): il blu brillante del muso dei mandrilli, ad esempio, è ottenuto grazie all’interferenza tra fasci di fibre di collagene nel derma (ricordate? È uno strato della pelle più profondo dell’epidermide, superficiale), che analogamente alle penne degli uccelli riflettono il blu. Curiosamente, lo stesso identico meccanismo si è evoluto in uccelli con la pelle (non le piume) blu, come i casuari. La colorazione iridescente non è particolarmente costosa in termini di produzione (Meadows et al. 2009), and so it’s not so unlikely (from a biological point of view) even for an eight-meters long theropod.

BIBLIOGRAFIA

Doucet S.M. Meadows M.G. (2009) Iridescence: a functional perspective. Journal of the Royal Society Interface. 6S115–S132

KF Liem, WE Bemis, WF Walker, L Grande (2000) Functional Anatomy of the Vertebrates: An Evolutionary Perspective. Brooks Cole edition. 784 pp.

Meadows M.G., Butler M.W., Morehouse N.I., Taylor L.A., Toomey M.B., McGraw K.J., Rutowski R.L. (2009) Iridescence: views from many angles. Journal of the Royal Society Interface. 6S107–S113

Prum R.O. (1998) The anatomy and physics of avian structural colours. Proceedings of the 22nd International Ornithological Congress, 1633-1653

Prum R.O., Torres R.H. (2004). Structural colouration of mammalian skin: Convergent evolution of coherently scattering dermal collagen arrays. Journal of Experimental Biology. 207 (12): 2157–2172

Voris J.T.; Zelenitsky D.K.; Therrien F.; Ridgely, R.C.; Currie P.J.; Witmer L.M. (2022) Two exceptionally preserved juvenile specimens of Gorgosaurus libratus (Tyrannosauridae, Albertosaurinae) provide new insight into the timing of ontogenetic changes in tyrannosaurids. Journal of Vertebrate Paleontology, 41:6, DOI: 10.1080/02724634.2021.2041651

www.summagallicana.it

www.thecodontia.com

www.deviantart.com/getawaytrike/art/Balanced-dreadfulness-713705398

Si desidera ringraziare Ivan Iofrida e Fabio Manucci per il loro aiuto nella stesura di questo articolo.

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