Michael Swanwick, “Ossa della Terra” (2002)

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Immaginate di essere un paleontologo che ha appena fatto la più grande scoperta della sua carriera, qualcosa che vi ripromettete di studiare per anni e anni – il primo sito di orme che documenta in maniera inequivocabile un episodio di predazione – ed entra nel vostro studio un uomo che vi dice di avere un lavoro per voi. Gli ridereste in faccia? Richard Leyster certamente lo fa, soprattutto quando viene specificato che questo lavoro sarà sottoposto ad una rigida censura e vi è il rischio concreto di morte violenta. Eppure l’uomo si mostra sicuro che accetterete il lavoro e, quando accennate alla vostra ricerca, sembra conoscerla meglio di voi. Assurdo? L’uomo vi saluta lasciandovi un biglietto da visita e un refrigeratore portatile. Cosa fareste? Altri lo avrebbero cestinato, Leyster cede alla curiosità. Lo apre. Dentro, immersa nel ghiaccio, la testa di uno Stegosaurus.

Foto scattata presso il Museo Civico di Scienze Naturali di Bergamo “Enrico Caffi” in occasione della mostra “Dinosauri in carne e ossa”

Inizia così Ossa della Terra (2002) di Michael Swanwick, autore noto nel campo del fantasy e della fantascienza con opere quali Domani il mondo cambierà (1991, Urania) e I draghi del ferro e del fuoco (1993, Urania Millemondi). Il romanzo in questione è basato sul precedente racconto breve, vincitore del Premio Hugo per la sua categoria nel 2000, Scherzo con il tirannosauro (I premi Hugo 1999-2001, Editrice Nord) e presenta un’interessante visione del viaggio nel tempo. Il punto forte è sicuramente la meticolosa ricerca che vi è dietro: tutti e tre i protagonisti principali sono paleontologi, che rappresentano differenti sfaccettature della professione di scienziato: l’esperto attento e meticoloso, la ricercatrice avida e superficiale e chi del paleontologo ha, con qualche rimpianto, solo il nome, svolgendo ormai una funzione amministrativa. Un confronto con l’opera di Crichton è d’obbligo e, dove Jurassic Park è prevalentemente un romanzo sui rischi dell’ingegneria genetica incontrollata (tanto che il parco potrebbe ospitare, chessò, copie di mostri di popolari film senza che il risultato cambi di molto), Ossa della Terra è un romanzo sulla paleontologia. Chi si interessa nella materia non può che apprezzare l’attenzione che Swanwick ha posto in questioni squisitamente tecniche e difficilmente conosciute al grande pubblico –tra questi: l’importante ruolo delle rudiste, le ipotesi dei BANDiti, il dibattito tra lumpers e splitters, la sterile discussione su chi sia il più grande tra i teropodi. L’autore si spinge al punto da mettere in bocca ad uno dei personaggi un’ipotesi sull’estinzione di massa del K/T che, pur non essendo verificabile, ha una sua logica più di altre ipotesi proposte in letteratura scientifica nel corso degli anni. Viceversa, il tema del viaggio temporale non è stato trattato con la medesima precisione e ad un’attenta lettura è possibile imbattersi in un paio di scivoloni (nulla che comprometta la lettura, comunque). Una nota dolente è la ridotta lunghezza del libro (l’edizione Urania conta 265 pagine), personalmente ritengo che si potessero inserire più contenuti magari non indispensabili alla diretta comprensione del romanzo, ma che ne approfondissero l’ambientazione, perché alcuni degli scenari creati da Swanwick sono estremamente evocativi. Ho particolarmente gradito la presa di posizione contro le follie del creazionismo e della fede cieca.

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