STYRACOSAURUS (CREATIVE BEAST STUDIO, 2021)

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Anche se negli ultimi tempi sono scesi in campo alcuni sfidanti (come Pachyrinosaurus), il ceratopside più famoso dopo Triceratops resta Styracosaurus. Praticamente tutti i brand ne hanno realizzato una loro versione, con diverse ottime ricostruzioni come quelle di Battat, Carnegie, Safari e PNSO. La chiave del successo di questo genere presso il pubblico sta probabilmente nel fatto di mostrare un’ornamentazione eccentrica e allo stesso tempo immediatamente distinguibile da quella di Triceratops, anche per un profano. Non poteva quindi mancare in una linea dedicata specificamente ai ceratopsidi.

Lo Styracosaurus BOTM è venduto in una confezione di cartoncino, avvolta in un’altra fascetta di cartone che presenta sul fronte l’artwork (opera di Carlo Arellano) e sul retro alcune informazioni su questo animale. La confezione vera e propria ha invece sul fronte una finestra trasparente e sul retro la checklist degli altri ceratopsidi della wave 1. All’interno della scatola, lo Styracosaurus è tenuto al suo posto da un imballaggio di plastica. La coda, per risparmiare spazio, è staccata. Sono incluse istruzioni per facilitare il montaggio e una carta collezionabile riproducente l’artwork.

Il modello digitale dello Styracosaurus è stato realizzato da Jacob Baardse, mentre la scultura del cranio è opera di Raul Ramos. David Silva, infine, ha scolpito i dettagli. In Styracosaurus c’è un’enorme varietà nella forma e disposizione del corno nasale e degli epiparietali (le corna che spuntano dal collare), ed è evidente che la ricostruzione è basata su CMN 344, l’olotipo di Styracosaurus albertensis – a differenza di altri modelli (come il PNSO), che si basano su AMNH 5372.

Il concept art di questo modello è basato, all’apparenza, sullo skeletal di Gregory S. Paul. Spesso si assume erroneamente che – testa a parte – i ceratopsidi siano tutti uguali, ma per fortuna in una serie dedicata a loro non è stato commesso questo errore: lo Styracosaurus BOTM ha un’anatomia da centrosaurino (notare, ad esempio, la coda più lunga di quella che si vede in Triceratops), e sono presenti diversi dettagli che enfatizzano l’attenzione prestata nella ricostruzione. La mano non solo presenta artigli solo sulle prime tre dita (un dettaglio che nel 2022 ci si aspetterebbe sia entrato in testa a tutte le aziende, ma che alcune si ostinano a sbagliare), ma è anche a forma di mezzaluna, quando altri propongono i cuscinetti da elefante o rinoceronte (errati) persino quando il numero di artigli è corretto.

Altro dettaglio che denota la ricerca svolta per questa ricostruzione è il tegumento del cranio: Silva si è evidentemente servito di Hieronymus et al. (2009), uno studio che – pur non specificamente su Styracosaurus – tratta i generi affini Centrosaurus ed Einiosaurus, dai quali possiamo parsimoniosamente dedurre dettagli che probabilmente erano presenti anche in Styracosaurus: il modello mostra infatti, tra il becco e il corno nasale, una placca cheratinosa, mentre sopra agli occhi ci sono grosse scaglie che nel fossile sono evidenziate da una texture simile a quella che si riviene sui crani dei buoi muschiati, dei mufloni e delle lucertole iguanidi. Un’altra fila di squame, sempre indicata dai correlati, corre dalla base alla sommità del collare osseo, lungo la linea mediana del cranio .Se c’è una cosa in tutto ciò che lascia perplessi, è la decisione di rappresentare alcune di queste grosse squame con un grigio simile al becco e alle corna e altre dello stesso colore della pelle: non riesco a trovare una base scientifica per questa ricostruzione (da un punto di vista istologico, si tratterebbe dello stesso tipo di tessuto), quindi probabilmente si tratta di una scelta artistica. Nel cranio si può notare anche l’enorme narice che caratterizza i ceratopsidi: Silva si è avvalso di Witmer (2001), e quindi essa è posizionata molto più in basso di quanto ci si aspetterebbe dalle vecchie ricostruzioni, che tendevano a metterla al centro della finestra nasale. Anche l’orecchio è nella posizione giusta, ed è un dettaglio facile da sbagliare nei ceratopsidi (guardate il Pentaceratops di Jurassic World Evolution per capire cosa intendo).

A proposito di tegumento, non abbiamo impronte della pelle di Styracosaurus, ma fortunatamente del genere affine Centrosaurus sì, e mostra squame poligonali intervallate da borchie più grandi (comunque molto più piccole di quelle di Triceratops).

Styracosaurus è un ceratopside di taglia media (l’olotipo CMN 344 misura 5 metri), e nella linea Beasts of the Mesozoic occupa appropriatamente una posizione mediana tra i centrosaurini: non piccolo come Einiosaurus, ma neanche grande come Pachyrhinosaurus. I suoi colori accesi, la prima cosa che salta all’occhio, sono ispirati all’agamide Calotes calotes. L’applicazione del colore è generalmente buona e presenta dettagli interessanti – ad esempio le striature appena più scure sulla coscia, difficili da notare a prima vista – ma anche alcune pecche: come si può vedere dalle fotografie, il modello da me ricevuto presentava diverse abrasioni (tutte presenti appena tirato fuori dalla scatola e non dipendenti dalla mia manipolazione). Il confronto di foto presenti su internet mi ha dato conferma che altre differenze con il prototipo (come il fatto che il verde del torace non combaci con quello dell’addome) sono comuni a tutti gli esemplari e quindi imputabili alla produzione in massa.

È da sottolineare come questa colorazione abbia ispirato quella presente nel primo episodio dei cortometraggi “Dinosauria” (Old Buck), come una sorta di tributo al fatto che l’autore ha utilizzato il modello per aiutarsi nella lavorazione. Per celebrare questo fatto, Silva rilascerà nell’anno in corso una variant di questo modello con una scultura del cranio e una colorazione che riflette direttamente quella di Old Buck.

Lo Styracosaurus BOTM presenta venti punti di articolazione. Rispetto ad altri ceratopsidi di questa linea, la livrea scelta evita fastidiose strisce che non combaciano sugli arti, lasciando questo piccolo problema solo sul dorso e soprattutto alla base della coda, dove una macchia gialla e una rossa sono troncate a metà per lasciare il posto ad una striatura arancione più scuro). Sono due aree, comunque, che tendenzialmente dovrebbero essere meno soggette a rotazione rispetto alle zampe e su cui dunque rappresenta un difetto relativamente trascurabile. L’unica articolazione su cui ho davvero da ridire è quella del collo, che non permette al modello di abbassare il capo quanto molti gradirebbero, e la mandibola, che non si chiude completamente. Per il resto, questo Styracosaurus può assumere – come si vede dalle foto – quasi ogni posa desiderata, rendendolo perfetto per un diorama o come riferimento per un’illustrazione.

Bibliografia:

Hieronymus T. L.; Witmer L. M.; Tanke D. H.; Currie P. J. (2009) The facial integument of centrosaurine ceratopsids: morphological and histological correlates of novel skin structures. The Anatomical Record, 292(9), 1370-1396

Witmer L.M. (2001) Nostril position in dinosaurs and other vertebrates and its significance for nasal function. Science 293(5531):850-3. doi: 10.1126/science.1062681

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