C’è un tonfo, e un albero cade al suolo, vicino agli iguanodontiani. Un demone emerse dall’oscurità, con un’enorme bocca piena di denti. Le sue fauci erano così larghe da poter ingoiare un uomo in un sol boccone. I suoi denti erano grandi come banane. Il suo respiro, il tanfo di un macello. L’odore della morte.
Non è difficile, guardando il Carcharodontosaurus Dino Hazard, immaginarlo proprio nella scena descritta sopra, dal libro Dino Hazard: Hidden Reality (Aureliano, 2020). Dino Hazard, infatti, è stato un interessante – anche se purtroppo poco longevo – progetto made in Brazil dal palentologo Tito Aureliano e dall’artista Hugo Cafasso, che doveva comprendere (oltre a libri, fumetti e un videogioco) anche modellini. Ben poco della serie prevista si è concretizzato: l’idea era di rappresentare la fauna brasiliana estinta in scala 1:20, e si parlava anche di Santanaraptor placidus, Amazonsaurus maranhensis e Oxalaia (ora Spinosaurus) quilombrensis. Solo due modelli hanno visto la luce… o meglio, uno e mezzo: Irritator ha acceso l’interesse per questo brand tra i collezionisti ma, a causa di difficoltà tecniche, Carcharodontosaurus è stato realizzato in quantità limitate e solo per i backers della campagna Kickante, rendendolo – oltre che raro – quasi sconosciuto al di fuori del Brasile.
Ma cos’ha a che fare Carcharodontosaurus con il Brasile? Molti di coloro che leggeranno lo associano piuttosto al Nordafrica, alla celebre formazione Kem Kem assieme a Spinosaurus (es. Ibrahim et al. 2020). Tuttavia, in alcuni assemblaggi brasiliani, come il sito Laje do Coringa della Formazione Alcântara sono venuti alla luce numerosi denti attribuiti a questo teropode (Vilas-Boas et al., 1999; Medeiros & Schultz, 2002; Medeiros et al., 2019). L’attribuzione di un dente isolato ad una precisa specie non è semplice, tuttavia risalire alla famiglia di appartenenza è più sicura (soprattutto quando i denti sono caratteristici come quelli dei Carcharodontosauridae), e unito al fatto che resti di Carcharodontosauridae sono stati rivenuti in altre regioni coeve del Sudamerica e del Nordafrica, non è improbabile che i Carcharodontosauridae fossero diffusi anche in Brasile.
Abbiamo chiesto direttamente allo scultore Hugo Cafasso quali siano state le sue fonti per questo modello e ci ha risposto che, mentre la prima versione era basata esclusivamente sul neotipo di Carcharodontosaurus di Sereno, questa – considerata l’incompletezza di Carcharodontosaurus e dietro consultazione dei paleontologi Delcourt, Ghilardi e Aureliano – include elementi presi da Tyrannotitan, scelto per via della sua vicinanza filogenetica a Carcharodontosaurus. Come si può vedere nelle immagini, la figura si sostiene grazie ad un disco nel quale va inserita la zampa posteriore sinistra. Essendo il modello realizzato in vinile cavo, questo è sufficiente ad impedire che cada, nonostante la posa lanciata in corsa.
Della morfologia del cranio di Carcharodontosaurus abbiamo parlato estesamente nella nostra recensione del modello GR Toys/Haolonggood, quindi non ci ripeteremo qui. Come in altri Carcharodontosauridae (si veda Witton, 2022), il mascellare di Carcharodontosaurus era profondamente scolpito da solchi verticali e fosse. Negli animali moderni, le rugosità sono correlati di un tessuto strettamente aderente alle ossa, che si trattasse di grosse squame oppure di pelle indurita… per rispondere ad una delle prime critiche rivolte al modello, ossia che il muso fosse troppo “shrinkwrapped” (ossia, con la pelle incollata alle ossa, uno stile popolare nelle ricostruzione degli anni ‘80-’90). Questi correlati non erano estesi né alla fossa nasale né alla finestra anteorbitale, aree che possiamo presumere necessitassero di una certa flessibilità durante la respirazione, e cessano poco sopra i denti, indicando un cambio di tessuto. Sulla sommità del capo, lungo le ossa nasali e lacrimali del fossile, ci sono di nuovo solchi che potrebbero essere indicativi, ancora, di tessuto cheratinizzato, così come appare nel modello.
Mentre la prima versione del Carcharodontosaurus Dino Hazard mostrava il retro del collo, le spalle e il dorso fino alla base della coda (sostanzialmente, le aree che in questo modello sono dipinte di terra di Siena bruciato) coperte da filamenti, questa versione presenta soltanto una texture granulare. Granulosità di forma irregolare (del diametro di 1-2 mm) sono state descritte in un’impronta di pelle associate ad un esemplare di Allosaurus jimmadseni (UMNH VP C481) (Hendrickx et al. 2022).
Il piede e il metatarso del Carcharodontosaurus Dino Hazard mostrano squame più grandi rispetto a quelle del corpo, che rivestono il tarso in un pattern irregolare, mentre sul dorso delle dita sono presenti grosse squame appiattite. Perché questo? Gli arti posteriori degli uccelli sono rivestiti da una copertura di squame che prende il nome di podoteca. Nella podoteca si distinguono tre tipi di squame: squame scutate e scutellate, che sono più grandi, di forma rettangolare e organizzate regolarmente: sono le grosse squame piatte che coprono il lato superiore delle dita e del metatarso che vediamo quando un piccione cammina sul davanzale. Altre squame più piccole, le reticula, coprono il resto della zampa. Nonostante siano spesso rappresentate nei teropodi, in quanto danno loro un aspetto più “da uccello”, è solo nel, quando è venuto alla luce in Spagna il fossile di un Carcharodontosauridae – Concavenator corcovatus – in cui è preservato il tegumento associato agli arti posteriori (Cuesta et al. 2015), che è stato possibile verificarle direttamente. Concavenator presenta piccole squame di forma irregolare associate al lato interno del quarto metatarso (situato sul lato dell’area tarsale) e squame più grandi, di forma esagonale, sul lato esterno, mentre sulle dita si vedono grandi squame sul lato superiore e piccole squame su quello inferiore.
Un altro tratto del Carcharodontosaurus Dino Hazard desunto da Concavenator sono le grandi squame piatte che corrono lungo il lato inferiore della coda, fino alla punta. In Concavenator, tre di queste squame rettangolari – simili nell’aspetto a quelle presenti sul lato inferiore di molti serpenti odierni – corrono sotto ciascuna vertebra. Se fosse applicata l’inferenza filogenetica – principio secondo il quale nel ricostruire un organismo estinto i dati mancanti devono essere desunti per prima cosa dai suoi parenti più prossimi, e poi da quelli più distanti – simili squame dovrebbero apparire in tutti i modelli di Allosauroidea. Invece solo due scultori hanno prestato attenzione a questo dettaglio: Forest Rogers, con il Concavenator della Carnegie Collection (Safari LTD) e Hugo Cafasso, che ha realizzato i modelli di Dino Hazard. Che dire, un applauso!
In definitiva, il Carcharodontosaurus Dino Hazard potrà non essere semplice da reperire al di fuori del paese natio, ma l’attenzione posta da Hugo Cafasso nella sua ricostruzione e la perizia della realizzazione merita sicuramente lo sforzo speso per recuperare questo modello unico. Se conoscete qualcuno che vive in Brasile, vale la pena di chiedergli di tenere gli occhi aperti per voi!
BIBLIOGRAFIA
Bell P.R., Hendrickx C. (2020) Epidermal complexity in the theropod dinosaur Juravenator from the Upper Jurassic of Germany. Palaeontology. 64 (2): 203–223
Cuesta E., Díaz-Martínez I., Ortega F., Sanz J. L. (2015) Did all theropods have chicken-like feet? First evidence of a non-avian dinosaur podotheca. Cretaceous Research. 56: 53−59
Cuesta E., Díaz-Martínez I., Ortega F., Sanz J. L. (2018) Axial osteology of Concavenator corcovatus (Theropoda; Carcharodontosauria) from the Lower Cretaceous of Spain. Cretaceous Research. 95: 106−120
Hendrickx C., Bell P.R., Pittman M., Milner A.R.C., Cuesta E., O’Connor J., Loewen M., Currie P.J., Mateus O., Kaye T.G., Delcourt R. (2022) Morphology and distribution of scales, dermal ossifications, and other non-feather integumentary structures in non-avialan theropod dinosaurs. Biological Reviews. 97 (3): 960–1004
Ibrahim N., Sereno P.C., Varricchio D.J., Martill D.M., Dutheil D. B., Unwin D.M., Baidder L., Larsson H.C.E., Zouhri S., Kaoukaya A. (2020) Geology and Paleontology of the Upper Cretaceous Kem Kem Group of eastern Morocco. ZooKeys. 928: 1-216
Medeiros M.A., De Souza Arcanjo S.H., Lindoso R.M., De Souza Carvalho I., Pereira A., Pinheiro de Sousa E., Mendes I.D, Da Silva Mendes D.C. (2019) Cenomanian vertebrates of the São Luís Basin. in Contribuições à Geologia da Amazônia (vol 11), Sociedade Brasileira de Geologia, Núcleo Norte, Belém . 179 -187
Medeiros M.A., Schultz C.L. (2002) A fauna dinosauriana da Laje do coringa, Cretáceo Médiodo Nordeste do Brasil. Arquivos do MuseuNacional. Rio de Janeiro, v. 60, n. 3, 155-162
Vilas-Boas I., De Souza Carvalho I., Medeiros M.A., Ponties H. (1999) Dentes de Carcharodontosaurus (Dinosauria, Tyrannosauridae) do Cenomaniano, Bacia de Sao Luis (norte do Brasil). Anais da Academia Brasileira de Ciências. Riode Janeiro, v. 71, n. 4, 846-847
https://markwitton-com.blogspot.com/2022/07/attempted-adventures-in-dinosaur-facial.html